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Santuario della Beata Vergine della Consolazione di Montovolo
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Chiesa della Beata Vergine della Consolazione Oratorio di Santa Caterina d'Alessandria Della facciata sobria, in conci di arenaria locale e a forma di capanna,
attrae in particolare la
lunetta sovrastante il portone che, oltre alla scritta A.D. MCCXI ROIP
(vedi sezione Notizie Storiche),
sormontata da una croce
graffita incorniciata da un piccolo arco, mostra al centro un’altra
croce più grande e intarsiata inserita in un cerchio e fiancheggiata da
due colombe graffite. Simbolo questo di larga diffusione nel medioevo
per indicare i cristiani che guardano alla croce per attingervi grazia e
forza. Ancora più in basso, a destra e a sinistra, altri due piccoli
graffiti che sembrano palme. Il resto del portale, pure in pietra elegantemente
lavorata a colonnette, non è originario, ma frutto di un rifacimento
del 1865; che, peraltro, eliminò l’antico pronao costituito da
colonne poggianti su figure di animali stilofori in pietra “lavorate
al gusto detto gotico” ormai resi irriconoscibili, come già nel
1782 aveva osservato
il Calindri descrivendoli
“malmenati dal tempo”, non potendosi distinguere se
rappresentanti leoni, orsi o lupi. Altro particolare degno di rilievo, il barbacane costruito nel 1684 per
sostenere l’antico
campanile a vela che conteneva due campane, abbattuto qualche anno dopo
la costruzione dell’attuale ottocentesca torre campanaria, sul fianco
sud della quale spicca un elegante e funzionante orologio
solare, scolpito da un anonimo scalpellino, sul quale fa bella
mostra la rima Alor che
il sol mi si farà palese darò l’ora germanica o francese cui
segue la data 1835 D.G.P.F.F. cioè Don Giuseppe Pisi fece fare;
si tratta dell’allora rettore e nell’occasione
rimatore. All’interno la chiesa è a pianta di tipo basilicale, lunga circa 37
metri, larga 9 ed alta 5,20; cioè perfettamente rispondente alla
proporzione 1:2,6 tipica delle chiese romaniche
montane di maggiori dimensioni.
Il soffitto è ligneo, con copertura sorretta da dieci capriate;
il pavimento a veneziana risale al 1822, quando fu eseguito in
sostituzione del precedente in lastre di arenaria. Il portone in legno fu fatto
nel 1674; al suo fianco si trovano due interessanti acquasantiere in
pietra, la più antica delle quali, che mostra caratteri arcaici,
è databile al XIII
– XIV secolo , mentre l’altra, più recente,
è del XVII – XVIII secolo. Sulle pareti di fondo due antichi
confessionali secenteschi fatti fare da Don Luca Zagnoni, a
quell’epoca rettore per molti anni. La parete destra non è
interamente in opus quadratum come il resto dell’edificio, perché
fortemente rimaneggiata in occasione della costruzione del
campanile ottocentesco Lungo la stessa parete si trova l’altare del
Crocefisso, così denominato perché, vi si trovava un antico Crocefisso
dai caratteri
bizantineggianti. Poco più
avanti si può ammirare un affresco inserito in una cornice in gesso
ottocentesca che raffigura i santi Rocco, Acazio e Sebastiano.
L’affresco, e la parte mancante della cornice in gesso,
è stato restaurato nel
2007 grazie al mecenatismo della famiglia Zagnoni di Monteacuto Ragazza,
probabili discendenti del già nominato rettore seicentesco.
Sant’Acazio, riconoscibile per la foggia militare in cui è raffigurato,
è onorato a Montovolo anche nell’Oratorio di Santa Caterina, di cui
la tradizione vuole fosse fratello. Nella parete sinistra ,
dirimpetto all’altare del Crocefisso, troviamo l’altare dedicato a
S. Lucia sul quale è visibile una cornice in gesso settecentesca che
nel passato conteneva una tela con la Santa e nella nicchia una
statuetta in terracotta policroma; entrambe rubate nel dopoguerra. Il
furto, peraltro, ha rivelato l’esistenza di un’immagine più antica
della Santa: un affresco di fattura cinque - seicentesca di cui peraltro
rimane solo la parte superiore. A fianco poco oltre un’altra cornice settecentesca in stucco delimita un
altro piccolo affresco raffigurante
la Madonna col Bambino. Anche questo affresco, di buona fattura anche se
di mano anonima, ha recentemente (2009) beneficiato di un intervento di
pulizia e restauro ad opera della restauratrice Patrizia Moro, su
committenza dell’Associazione Culturale Amici di Montovolo. Pressoché al centro della parete si apre la
Cappella del Rosario, realizzata nella seconda metà del seicento
(1699, stando alla data incisa nella chiave di volta dell’arco). Vi si
trova una bella statuetta policroma in cartapesta attribuibile al sec.
XVII, il cui restauro (in corso d’opera) è dovuto al mecenatismo di
Maricetta Parlatore, nome di indiscusso prestigio nel panorama italiano
del restauro artistico, nonché già docente di “Teoria e storia del
restauro” presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. La statuetta
è inserita in una nicchia cui fa da contorno una tela, suddivisa
in quindici quadretti, dedicata
ai misteri del rosario. Tale dipinto, che il grande storico dell’arte
bolognese Francesco Arcangeli attribuì al pittore settecentesco
bolognese Antonio Crespi, fu restaurata nel 1966 e lasciata in deposito
a Bologna, per ragioni di sicurezza. La riproduzione fotografica a
grandezza naturale su legno, attualmente visibile in Santuario, è
dovuta alla meritoria iniziativa dell’Associazione
Culturale Amici di Montovolo. Procedendo verso il Presbiterio meritano attenzione le due lapidi che
documentano alcuni legati testamentari del 1653 e del 1784. Si giunge così al Presbiterio che risulta sollevato di poco più
di 1 metro rispetto alla navata e a cui si accede per una scala di sette
gradini in pietra arenaria. Ha la medesima larghezza della chiesa;
profondo m. 4,40 e alto m.
3,80, è coperto da tre volte a crociera che, verso la navata, poggiano
su due grosse colonne,
mentre verso il fondo insistono su quattro bellissimi capitelli
romanici, due dei quali sono angolari. Di bella fattura anche le
cordonature che le evidenziano; pregevole, all’incrocio di quelle
della volta centrale, la chiave che rappresenta una stella a sei punte.
Sulla parete centrale si
notano due monofore strombate più
una terza centrale accecata per
ricavare la nicchia per la statua della Madonna. Si è ragionato, da parte di diversi autori, di una possibile intenzione
dei ricostruttori del XIII secolo, di raddoppiare la dimensione del
Presbiterio. Intenzione poi caduta; verrebbe da dire fortunatamente,
perché un presbiterio di siffatte dimensioni avrebbe potuto risultare
sproporzionato. Meglio accontentarsi di ammirare le due bellissime
decorazioni in pietra sopra le due colonne a fronte della navata che
Bill Homes ha definito i fiori di Montovolo: opera di
ornato a scalpello pregevole esteticamente e complessa quanto alla
definizione geometrica che necessariamente ha preceduto l’esecuzione.
La statua lignea della Madonna risale alla seconda metà del ‘500, poiché
se ne parla in un inventario del 1566 che riporta notizia del taglio
della base effettuato per
inserirla nella nicchia. E’ alta m. 1,80 e policroma; il
recente restauro effettuato sotto il controllo della competente
soprintendenza ha dimostrato
l’inconsistenza della diceria
popolare che la voleva Madonna
nera, quando non addirittura una statua della dea pagana Iside,
adattata al culto cristiano. La statua fu incoronata, insieme al
Bambino, nel 1782 dal cardinale Andrea
Gioannetti. Nel presbiterio sono esposti diversi ex voto per grazia
ricevuta; molti meno, quelli rimasti, peraltro,
di quanti documentati nel passato. Sottostante al Presbiterio è la cosiddetta Cripta: una delle
costruzioni più antiche e affascinanti dell’intera montagna
bolognese. Si tratta in realtà dei resti della preesistente chiesa
proto-romanica, attribuibili ad un periodo compreso fra il X e XI secolo
e organizzati, nella ricostruzione fattane dopo il fortuito rinvenimento
nel 1925, in tre absidi semicircolari
di perfette bozze della calda pietra arenaria locale, con
capitelli e peducci riccamente decorati
di motivi simbolici a rilievo di matrice bizantino-ravennate: pellicani
dai colli incrociati (Cristo crocefisso che muore e sparge il sangue dal
suo petto squarciato per la salvezza dei credenti); leoni accosciati
(Cristo vero discendente della tribù di Giuda); uccelli (verosimilmente
colombe) che bevono ad un calice (i credenti che vengono purificati dal
sangue di Cristo); un grifone (la duplicità della natura umana e divina
di Cristo); oltre a decorazioni di tipo vegetale. Nel settembre del 2010, uno scavo archeologico commissionato dal Santuario
in previsione del VIII centenario e condotto dal dr. Tiziano Trocchi
sotto la direzione della Soprintendenza archeologica,
ha rivelato l’esistenza, per tutta la larghezza della
cosiddetta cripta, di roccia, escludendo
pertanto che lì si potesse trovare il piano di calpestio della chiesa
più antica, ma confermando l’ipotesi
che essa fosse più piccola dell’attuale. Oratorio di Santa Caterina d'Alessandria
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